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Fondo per la non autosufficienza, la battaglia continua. L'incontro con Salvatore Usala e i Ministri Balduzzi e Fornero.

Due ministri, nessuna certezza. Sla: da Balduzzi e Fornero solo «impegni personali». Incontro a Monserrato tra Salvatore Usala e i responsabili della Sanità e del Lavoro. Evita i giornalisti, Elsa Fornero, ma non riesce a trattenere un'uscita delle sue: «Deve capire com'è difficile la vita di un ministro», dice a Salvatore Usala, che la guarda dalla sua carrozzina tecnologica da malato di Sla. «Io la capisco», è la risposta, carica di un'ironia fulminante che tutti, nella piccola sala, decifrano al volo.

Immagine rappresentativa per: Fondo per la non autosufficienza, la battaglia continua. L'incontro con Salvatore Usala e i Ministri Balduzzi e Fornero.

Due ministri, nessuna certezza.

L'Unione Sarda

Sla: da Balduzzi e Fornero solo «impegni personali»
Incontro a Monserrato tra Salvatore Usala e i responsabili della Sanità e del Lavoro

MONSERRATO Evita i giornalisti, Elsa Fornero, ma non riesce a trattenere un'uscita delle sue: «Deve capire com'è difficile la vita di un ministro», dice a Salvatore Usala, che la guarda dalla sua carrozzina tecnologica da malato di Sla. «Io la capisco», è la risposta, carica di un'ironia fulminante che tutti, nella piccola sala, decifrano al volo. A partire da Renato Balduzzi, l'altro esponente del governo piovuto a Monserrato per incontrare il leader di una protesta nazionale clamorosa: quella dei disabili gravi e gravissimi, in sciopero della fame (per alcuni è più corretto parlare di rifiuto dell'alimentazione) contro i tagli ai fondi per i malati non autosufficienti.

CIFRE INCERTE Un bel segnale d'attenzione, da parte del ministro della Sanità e della sua collega del Lavoro. Ma Balduzzi e Fornero ripartono senza poter assumere niente più che «impegni personali» e generici. Mancando colui che tiene la cassa, cioè il ministero dell'Economia, i due non si sbilanciano sulle cifre.

«Stiamo puntando - dirà Balduzzi - a 350 milioni», da ritagliare nei complessivi 900 del fondo Catricalà per la coesione sociale. Ma non ci sono certezze, e per altro così non si ritornerebbe neppure ai 400 milioni cancellati dal governo Berlusconi e non ripristinati da quello di Mario Monti. Logica la delusione di Usala: che comunque conferma la sospensione dello sciopero della fame («per venti giorni») per valorizzare le parole di buona volontà dei suoi illustri ospiti.

Ospiti? Controparti, meglio. L'incontro nella casa di Monserrato di Salvatore Usala non è una visita di solidarietà, ma un vertice su temi concreti trattati ad alto livello di specificità. I ministri non si trovano davanti una persona da compatire, ma un uomo informatissimo (più di loro, per molti aspetti) sulle politiche di sostegno alla disabilità. E che li incalza: «Quagliamo», dice tramite il suo sintetizzatore vocale, appena avverte puzza di fumo nelle parole dei suoi interlocutori.

NELL'ISOLA Con lui, a spiegare la situazione, ci sono il governatore Ugo Cappellacci e l'assessore alla Sanità Simona De Francisci. Invitato da Usala, il consigliere regionale del Pd Marco Espa (da sempre in campo per i disabili) illustra ai ministri il sistema Sardegna: quarta regione in Italia per spesa sociale pro capite.
Ma questo si traduce in risparmi per le casse pubbliche, almeno stando alle tabelle elaborate dallo stesso Espa: per l'assistenza personalizzata e domiciliare ai circa 6mila sardi in condizioni di non autosufficienza grave, si spendono circa 37 milioni all'anno. Persone che, senza quell'aiuto, sarebbero ospitate in residenze sanitarie al costo, calcola Espa, di 135 milioni.

Fornero e Balduzzi apprezzano e spunta l'idea di esportare il modello isolano. Sarà Ugo Cappellacci a illustrarlo ai colleghi, nella conferenza delle Regioni: «Nella spesa per sociale e disabilità gravi - affermano il presidente e l'assessore De Francisci - la Sardegna continuerà a garantire sostegno a pazienti e famiglie, essendo una regione tra le prime in Italia come livello di assistenza. Nel 2012 sono stati stanziati quasi 189 milioni di euro, di cui 130 per programmi come Ritornare a casa (rivolto ai malati di Sla) e la legge 162». E se Espa spera che «neanche un euro sia sottratto a questi fondi nella Finanziaria 2013», i due esponenti della Giunta assicurano: «Continueremo in questi impegni, auspicando che il governo sostenga lo sforzo economico».

Per altro la Regione, ricorda Cappellacci (anche ai ministri), subisce pure in quest'ambito i rigori del patto di stabilità: «Le risorse ci sono, ma 100 milioni non possono essere spesi perché considerati fondi per il sociale e non per l'assistenza sanitaria, che sta al di fuori dei vincoli di stabilità».

VALUTAZIONI FINALI Gli effetti concreti della toccata e fuga ministeriale si vedranno nelle prossime settimane. Solo l'insistenza di Usala convince Fornero e Balduzzi a dare in pasto alla stampa almeno un comunicato stringatissimo, affidato alla lettura di un portavoce: parla di «incontro franco, positivo e apprezzato da tutti i presenti», in cui «i ministri hanno ribadito l'impegno personale di ripartire dalla norma vigente, che prevede prioritariamente la destinazione di risorse alla non autosufficienza».

Quell'avverbio («prioritariamente») non tranquillizza, ma non c'è verso di eliminarlo. Però nella nota compare anche «l'intenzione di lavorare sul piano delle non autosufficienze, in modo da destinare le risorse individuate soprattutto ai progetti di assistenza personalizzati e domiciliarizzati». E questa, appunto, è la vittoria del “modello Sardegna”. Non abbastanza per esultare, Salvatore Usala lo sa. E nel suo commento finale convivono le perplessità sulle scelte del governo e la fiducia in «Elsa» e «Renato» (lui li chiama sempre per nome): «Loro sono le colombe - ammette - ma altri remano contro».

Giuseppe Meloni

QUI IL COMUNICATO UFFICIALE DI SALVATORE USALA




Elsa la dura fa i complimenti ai sardi

La Nuova Sardegna

La Regione da anni è all’avanguardia nell’assistenza a domicilio: «L’Italia dovrebbe imitarvi»

MONSERRATO Elsa Fornero a casa Usala è apparsa più dolce, meno ruvida e frettolosa, di quando sui palchi nazionalpopolari prende a scudisciate (grazie a Dio, verbali) giovani, precari, bamboccioni, ragazzi schizzinosi e altri che le vengono in mente. È passata alla storia per il pianto a reti unificate e le magliette con cui altri la mandavano dritta, senza benedizione, al cimitero.

Ma nell’entrare in casa di chi lotta solo con gli occhi contro la morte della carne e della mente, eccola vestita di bianco, camminare senza far rumore, poi scandire le lettere, avvicinarsi come una vecchia amica al «mio caro signor Salvatore», che l’ha fatta scomodare da Roma tre ore prima del consiglio dei ministri.

Sa di essere detestata, ma il suo ufficio stampa (scorbutico come lo è lei quando esterna) dovrebbe far circolare presto i video dell’incontro in via Nerva, al numero 20. Se lo facesse, farebbe un ottimo servizio, gli americani l’hanno ribattezzato marketing d’immagine, e alla fine, in molti si ricrederebbero sul conto, sul carattere, sulle smorfie e sulle parole di Elsa Fornero. Non ha nulla di cattivo, direbbe un buon difensore del ministro: è solo calata, anche nei modi, nella parte della professoressa fra i professori, che devono rivoltare lo Stato, per salvare la Nazione. Con Salvatore Usala, è stata premurosa per sessanta minuti e più. Ha ascoltato con attenzione la voce di un sintetizzatore che non trasmetterà emozioni, ma comunica sempre la verità. «Non vi lasceremo soli», ha promesso in sala da pranzo, dopo essersi confrontata con l’altro ministro in missione speciale, Renato Balduzzi, alla sanità, il governatore Cappellacci, l’assessore Simona De Francisci e Marco Espa, consigliere regionale del Pd. Ma soprattutto col “Comitato 16 novembre”, quello dei malati e delle famiglie che lottano assieme.

Ha capito in fretta che il “gladiatore” di Monserrato, che parla e denuncia con lo sguardo, è un tipo tosto, i suoi dieci giorni di digiuno lo confermo. Poi è rimasta sorpresa nello scoprire che quella stessa Regione martellante nel chiederle i soldi per pagare gli ammortizzatori sociali, è da anni all’avanguardia nell’assistenza a domicilio di chi è gravissimo per colpa della Sla.

Dicono, i presenti, che a un certo punto la dura Elsa si sia sciolta e abbia detto: «Davvero bravi, l’Italia dovrebbe imitarvi per quello che fate». Se lo ricordi, ministro, il complimento anche in altre occasioni. Ora basta con le frustate sulla schiena della Sardegna. (ua)

Malati di Sla, la vittoria del gladiatore

La Nuova Sardegna

A casa di Salvatore Usala i ministri promettono che il fondo nazionale per l’assistenza non sarà svuotato. Calvario di 8 anni, parla con gli occhi e non si arrende.

il Comitato: Sono 7mila le famiglie che vivono così. Abbiamo ottenuto quello che volevamo dopo il digiuno: essere ascoltati da Roma

Cinquantanove anni, da otto è un martire. Però da due settimane è anche il nonno di Vittoria, la primogenita dell’unica figlia: auguri. Lui è Salvatore Usala, nel 2004 fatto prigioniero dalla terribile e inarrestabile “sclerosi laterale amiotrofica”. Non muove più un muscolo, il che vuol dire: ogni giorno la moglie, Giuseppina , le infermiere e i volontari lo sollevano dal letto e poi, con dolcezza, gli stringono attorno le cinghie della sedia-trono a rotelle. Poi di nuovo a letto.

Va assistito 24 ore su 24. È tracheotomizzato, lo alimentano con una cannula. Muove solo gli occhi, comunica, mail comprese, attraverso la voce metallica di un sintetizzatore. Col battito delle ciglia “pesca” le lettere dallo schermo e compone frasi che sono coltelli: «È la mia seconda vita, ho il diritto di viverla alla grande». Il suo motto è: «Chi mi ama, mi segua».

In camera da letto, c’è un poster del Che, con sotto questo sunto di filosofia: «Vale la pena battersi per le cose senza le quali la vita non avrebbe altrimenti senso». È il segretario del «Comitato 16 novembre», che nel 2010 si è dato questo nome, a Roma, sotto le finestre di un ministro, che voleva dimezzare i soldi ai malati e alle loro famiglie. A ottobre ha digiunato per lo stesso motivo: dieci giorni.

È forte e battagliero, Salvatore Usala. Ha accolto i ministri, con la maglia rosso fuoco del Gladiatore, scelta da lui, e con un ordine stampato sul petto: «Al mio segnale, chi è al mio fianco scateni l’inferno».

di Umberto Aime

MONSERRATO Salvatore Usala è stato chiaro, nel messaggio finale: «In questo governo ci sono colombe, ma anche molti falchi». Lui ce l’ha con i rapaci, con quelli che vogliono svuotare il fondo nazionale (500 milioni) per l’assistenza ai malati gravi e gravissimi. Quando dieci giorni fa, il paziente numero uno di Sla l’ha saputo, insieme ad altri settanta come lui, in Italia, cinque nell’isola, ha rifiutato la cannula dell’acqua, del pranzo e della cena.

Col suo computer che lo lega al mondo, ha scatenato un putiferio sulla Rete e ieri due ministri hanno dovuto bussare al portone di via Nerva. Elsa Fornero, Welfare, e Renato Balduzzi, Sanità, sono volati in fretta da Roma, «Siamo in missione speciale ma privata», diranno dallo staff interministeriale, per rassicurarlo. E forse il comitato nazionale “16 novembre”, di cui Salvatore Usala è segretario, ha vinto.

Dopo sessanta minuti di colloquio, in sala da pranzo, fra camici verdi, mascherine, caffè e tovaglie ricamate, e davanti a quell’uomo deciso e intelligente, che da otto anni comunica solo con gli occhi, gli inviati di Palazzo Chigi hanno calato il capo. Forse sono stati costretti a farlo dalla grinta del segretario, dalla forza enorme che lo fa restare aggrappato alla vita, sta di fatto che hanno detto attraverso un portavoce che, «al termine di questo confronto costruttivo e franco, i due ministri si sono impegnati di persona a far sì che il fondo non sparisca».

Non sarà inghiottito dalla spending review del capo, Mario Monti. Certo, qualche sacrificio andrà fatto – fra venti giorni si saprà se i milioni saranno 350 o qualcosa in più – ma «sarà massimo il loro impegno perché l’assistenza ai malati non autosufficienti sia sempre più personalizzata e domiciliare». Un po’ come avviene da anni nell’isola, che nell’assistenza è diventata un modello italiano.

Spende al meglio i 117 milioni di una legge eccellente e trasversale, e altri 24 li ha investiti nel progetto che tutti, pazienti e familiari, vogliono: «Ritornare a casa». È una spesa intelligente, costa molto meno alla comunità, che pagherebbe quattro volte se il ricovero fosse in ospedale e nelle residenze sanitarie assistite, e soprattutto dà molte possibilità in più a chi è un martire impotente della Sla e di altre malattie neurodegenerative. Stare a casa, in famiglia, essere coccolati, è davvero tutt’altra cosa. Sulla terra ferma, a macchia di leopardo, altre regioni provano a stare al passo con la Sardegna, ma i ministri Fornero e Balduzzi hanno intuito che neanche la ricca Lombardia ci riesce.

A Salvatore Usala l’Asl passa infermieri, fisioterapisti, medicinali e anche i guanti in lattice. Ha comprato le macchine computerizzate (sono favolose) e alla famiglia garantisce una dotazione economica di quasi 60mila euro l’anno per le altre spese e l’assistenza h24.

Dal confronto con Roma, questa volta a uscire orgogliosi sono stati il governatore Ugo Cappellacci, l’assessore alla Sanità Simona De Francisci e anche Marco Espa, consigliere regionale del Pd, che è stato secco nel dire: «Sia chiaro, siamo un modello perché ci sono i soldi e li spendiamo bene. Ed è per questo che nella prossima Finanziaria della Regione, non andrà tolto un euro dalla voce malati gravi e gravissimi, come invece ho sentito dire in giro». Figuriamoci se qualcuno lo farà dopo che Balduzzi e Fornero si sono complimentati con tutti, compreso il sindaco di Monserrato, Gianni Argiolas, in fascia tricolore.

Con fierezza, De Francisci ha ringraziato e sottolineato subito in un comunicato: «La Sardegna continuerà a garantire il pieno sostegno ai pazienti e alle loro famiglie, con la consapevolezza che vogliamo essere ancora fra le prime regioni in Italia come livello d’assistenza». Impari, il governo, una volta tanto.

Dal sintetizzatore collegato con lo sguardo vivo, acceso e avvolgente di Salvatore e dal documento consegnato dalla vicepresidente del Comitato, Mariangela Lamanna, a Taranto ha una sorella con la Sla, i ministri hanno saputo quello che vuole questa gente capace di sorridere nonostante il dolore. Vuole la certezza che i finanziamenti ci saranno, non vuole scioperare chissà ancora per quanti giorni prima di «essere ricordata da Roma». La promessa c’è stata: le colombe del governo hanno detto sì, il “gladiatore” di via Nerva è soddisfatto: «Ci hanno ascoltato come chiedevamo», dirà per lui la sua compagna da una vita, Giuseppina Vincentelli, sono sposati da 35 anni.

Ma sia chiaro: i combattenti contro la peggior morte possibile, quella che ti distrugge un giorno dopo l’altro e non c’è cura, non possono essere presi in giro. Sarebbe disumano. A meno che a Palazzo Chigi non scelgano di far scatenare chi annuncia: «Sono settemila, le famiglie che vivono come noi. Ebbene, se sono stati bugiardi, andremo tutti a Roma, malati e parenti, con le tende, per restarci fino a Natale». Ci pensi, il professore.

[01 novembre 2012]

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